Dott. Alessandro Pezzana e Dott. Simone Valsania - 17 Marzo
Durante l’ultima serata di aggiornamento i dottori Alessandro Pezzana e Simone Valsania hanno riportato la loro esperienza clinica con una relazione dal titolo: “Dalla IV classe all’intero sorriso con tecniche dirette. Protocolli di esecuzione”.
Abbiamo avuto la possibilità di approfondire l’impiego dei compositi nelle riabilitazioni estetico-funzionali, sottolineandone la versatilità e l’evoluzione nel tempo. Oggi, infatti, questi materiali offrono soluzioni efficaci sia per restauri diretti di singoli elementi sia per piani di trattamento complessi interdisciplinari, con coinvolgimento parodontale e protesico.
Come spesso abbiamo visto, l’adesione rappresenta il cardine dell’odontoiatria moderna, permettendo di ottenere restauri minimamente invasivi, estetici e funzionali, ma richiede il rispetto di protocolli precisi per garantire predicibilità e successo a lungo termine.
Gli aspetti fondamentali sono una corretta diagnosi e protocolli operativi rigidi. La scelta del trattamento è influenzata dalla presenza o meno di smalto: in presenza di smalto, l’adesione è la tecnica di riferimento; in assenza di smalto, si rende necessaria una strategia protesica con ritenzione meccanica.
Nel caso in cui si posso fare adesione si deve procedere con una accurata analisi del paziente per valutare quelle che sono le caratteristiche del paziente e degli elementi che dobbiamo trattare ed i principi estetici e funzionali oggettivi che dovremmo ricercare.
Sono stati discussi vari scenari clinici, tra cui restauri di IV classe, chiusura di diastemi, gestione di denti conoidi e trattamento di lesioni non cariose al di sotto della CEJ. In quest’ultimo caso, la decisione terapeutica dipende dall’interessamento della sola corona o anche della radice, richiedendo rispettivamente il ripristino della morfologia originale o la creazione di un nuovo profilo di emergenza che doni naturalezza e sostegno ai tessuti molli. Particolare attenzione è stata posta alla gestione dei margini subgengivali e alla corretta preparazione dei tessuti per garantire il successo a lungo termine del restauro.
Dal punto di vista operativo, si è sottolineata l’importanza della forma e della simmetria come elementi primari dell’estetica dentale, seguiti dalla tessitura superficiale, che gioca un ruolo chiave nel mascherare eventuali imperfezioni cromatiche. Il valore cromatico del composito è stato identificato come il parametro più rilevante nella percezione del colore, aspetto che evidenzia la necessità di una stratificazione mirata delle masse e di una corretta lucidatura.
Oltre a questo sono sono stati condivisi numerosi tips and tricks per ottimizzare la gestione del composito, come:
Utilizzo di biselli smaltati nelle classi IV per migliorare l’integrazione cromatica.
Applicazione del protocollo adesivo per ridurre la sensibilità.
Polimerizzazione finale sotto glicerina per eliminare la dispersione dell’ossigeno e migliorare la stabilità del restauro.
Questa serata di aggiornamento conferma come il composito, se utilizzato con metodo e precisione, possa rappresentare un’arma estremamente versatile nella pratica quotidiana, offrendo soluzioni predicibili e durature anche in casi complessi. (Andrea Martina Montegrosso)
Abbiamo avuto la possibilità di approfondire l’impiego dei compositi nelle riabilitazioni estetico-funzionali, sottolineandone la versatilità e l’evoluzione nel tempo. Oggi, infatti, questi materiali offrono soluzioni efficaci sia per restauri diretti di singoli elementi sia per piani di trattamento complessi interdisciplinari, con coinvolgimento parodontale e protesico.
Come spesso abbiamo visto, l’adesione rappresenta il cardine dell’odontoiatria moderna, permettendo di ottenere restauri minimamente invasivi, estetici e funzionali, ma richiede il rispetto di protocolli precisi per garantire predicibilità e successo a lungo termine.
Gli aspetti fondamentali sono una corretta diagnosi e protocolli operativi rigidi. La scelta del trattamento è influenzata dalla presenza o meno di smalto: in presenza di smalto, l’adesione è la tecnica di riferimento; in assenza di smalto, si rende necessaria una strategia protesica con ritenzione meccanica.
Nel caso in cui si posso fare adesione si deve procedere con una accurata analisi del paziente per valutare quelle che sono le caratteristiche del paziente e degli elementi che dobbiamo trattare ed i principi estetici e funzionali oggettivi che dovremmo ricercare.
Sono stati discussi vari scenari clinici, tra cui restauri di IV classe, chiusura di diastemi, gestione di denti conoidi e trattamento di lesioni non cariose al di sotto della CEJ. In quest’ultimo caso, la decisione terapeutica dipende dall’interessamento della sola corona o anche della radice, richiedendo rispettivamente il ripristino della morfologia originale o la creazione di un nuovo profilo di emergenza che doni naturalezza e sostegno ai tessuti molli. Particolare attenzione è stata posta alla gestione dei margini subgengivali e alla corretta preparazione dei tessuti per garantire il successo a lungo termine del restauro.
Dal punto di vista operativo, si è sottolineata l’importanza della forma e della simmetria come elementi primari dell’estetica dentale, seguiti dalla tessitura superficiale, che gioca un ruolo chiave nel mascherare eventuali imperfezioni cromatiche. Il valore cromatico del composito è stato identificato come il parametro più rilevante nella percezione del colore, aspetto che evidenzia la necessità di una stratificazione mirata delle masse e di una corretta lucidatura.
Oltre a questo sono sono stati condivisi numerosi tips and tricks per ottimizzare la gestione del composito, come:
Utilizzo di biselli smaltati nelle classi IV per migliorare l’integrazione cromatica.
Applicazione del protocollo adesivo per ridurre la sensibilità.
Polimerizzazione finale sotto glicerina per eliminare la dispersione dell’ossigeno e migliorare la stabilità del restauro.
Questa serata di aggiornamento conferma come il composito, se utilizzato con metodo e precisione, possa rappresentare un’arma estremamente versatile nella pratica quotidiana, offrendo soluzioni predicibili e durature anche in casi complessi. (Andrea Martina Montegrosso)
Dott. Alessandro e Andrea Agnini- 4 Febbraio
I dottori Agnini ci hanno presentato una panoramica ampia su quello che oggigiorno la tecnologia digitale consente nel campo delle riabilitazioni full-arch e di come questo mondo sia in costante evoluzione, sottolineando però gli aspetti che sono tradizionali ed in comune con il metodo analogico. Nonostante il digitale si integri perfettamente, e anzi agevoli sotto molteplici punti di vista, i trattamenti, l’approccio al paziente rimane un approccio tradizionale, a 360 gradi, che richiede attenzioni e conoscenze non sono delle problematiche cliniche, funzionali, estetiche ma anche e soprattutto psicologiche.
Il digitale può aiutarci aumentando standardizzazione e predicibilità dei trattamenti, ottimizzando l’efficienza clinica e le tempistiche e anche facilitando la comunicazione con il paziente ma non può sostituire un solido background clinico.
Ogni trattamento parte dall’analisi del paziente e dalla raccolta dati e successivamente si passa alla progettazione, alla comunicazione con il paziente, alla realizzazione ovvero alle fasi operative del piano di trattamento. La tecnologia digitale è un potente strumento a nostra disposizione in ciascuna di queste fasi, cliniche e non; i principali vantaggi includono: aiuto nella diagnosi e progettazione, standardizzazione dei protocolli, ottimizzazione dei tempi, riduzione degli errori, miglior comunicazione interdisciplinare all’interno del team, miglior comunicazione con il paziente di conseguenza miglior comprensione del paziente con quindi aumento del valore della terapia proposta.
Partendo dal paziente si può seguire un metodo 100% digitale che comincia dalla raccolta di foto, video e scansioni; prosegue con la pianificazione virtuale, nella quale possiamo anche permetterci di sbagliare “a costo zero” ed analizzare tutte le sfaccettature o le possibili complicanze, alla realizzazione del progetto con la chirurgia guidata, con dime metalliche avvitate che consentono di guidare ogni fase operativa, fino ad arrivare alla finalizzazione del full-arch completamente in digitale.
Non è però tutto oro quello che luccica, come nel mondo analogico anche il mondo digitale è immenso, variegato ed in continua evoluzione e la curva di apprendimento non è rapida. Dobbiamo ricordarci che il digitale è uno strumento e come tale bisogna imparare ad usarlo; i dottori Agnini sottolineano come una delle variabili più importanti, al di là dei limiti anatomici, sia proprio l’esperienza dell’operatore e la scelta delle tecniche e dei materiali (come può essere la scelta di scanbody errata o in tecnica di scansione non adeguata).
Per avvicinarci al take home message è bene evidenziare la necessità di sinergia tra conoscenze chirurgico-protesiche digitale e tradizionali analogiche per poter valutare criticamente ed integrare i dati raccolti in digitale.
In conclusione, l’implantologia full-arch in epoca digitale rappresenta una straordinaria opportunità per migliorare la qualità delle cure, ma richiede un approccio integrato che unisca competenze cliniche, tecnologiche e relazionali. La tecnologia non è un punto di arrivo, bensì un percorso di evoluzione continua che consente di affrontare le sfide cliniche con maggiore consapevolezza e sicurezza.
Messaggio finale di questa stimolante conferenza: la tecnologia digitale è un’evoluzione, un viaggio, e non una destinazione. (Andrea Martina Montegrosso)
Il digitale può aiutarci aumentando standardizzazione e predicibilità dei trattamenti, ottimizzando l’efficienza clinica e le tempistiche e anche facilitando la comunicazione con il paziente ma non può sostituire un solido background clinico.
Ogni trattamento parte dall’analisi del paziente e dalla raccolta dati e successivamente si passa alla progettazione, alla comunicazione con il paziente, alla realizzazione ovvero alle fasi operative del piano di trattamento. La tecnologia digitale è un potente strumento a nostra disposizione in ciascuna di queste fasi, cliniche e non; i principali vantaggi includono: aiuto nella diagnosi e progettazione, standardizzazione dei protocolli, ottimizzazione dei tempi, riduzione degli errori, miglior comunicazione interdisciplinare all’interno del team, miglior comunicazione con il paziente di conseguenza miglior comprensione del paziente con quindi aumento del valore della terapia proposta.
Partendo dal paziente si può seguire un metodo 100% digitale che comincia dalla raccolta di foto, video e scansioni; prosegue con la pianificazione virtuale, nella quale possiamo anche permetterci di sbagliare “a costo zero” ed analizzare tutte le sfaccettature o le possibili complicanze, alla realizzazione del progetto con la chirurgia guidata, con dime metalliche avvitate che consentono di guidare ogni fase operativa, fino ad arrivare alla finalizzazione del full-arch completamente in digitale.
Non è però tutto oro quello che luccica, come nel mondo analogico anche il mondo digitale è immenso, variegato ed in continua evoluzione e la curva di apprendimento non è rapida. Dobbiamo ricordarci che il digitale è uno strumento e come tale bisogna imparare ad usarlo; i dottori Agnini sottolineano come una delle variabili più importanti, al di là dei limiti anatomici, sia proprio l’esperienza dell’operatore e la scelta delle tecniche e dei materiali (come può essere la scelta di scanbody errata o in tecnica di scansione non adeguata).
Per avvicinarci al take home message è bene evidenziare la necessità di sinergia tra conoscenze chirurgico-protesiche digitale e tradizionali analogiche per poter valutare criticamente ed integrare i dati raccolti in digitale.
In conclusione, l’implantologia full-arch in epoca digitale rappresenta una straordinaria opportunità per migliorare la qualità delle cure, ma richiede un approccio integrato che unisca competenze cliniche, tecnologiche e relazionali. La tecnologia non è un punto di arrivo, bensì un percorso di evoluzione continua che consente di affrontare le sfide cliniche con maggiore consapevolezza e sicurezza.
Messaggio finale di questa stimolante conferenza: la tecnologia digitale è un’evoluzione, un viaggio, e non una destinazione. (Andrea Martina Montegrosso)