Dott. Roberto Abundo - Martedi 3 Maggio
La serata è stata completamente dedicata agli aspetti critici per mantenere i tessuti perimplantari. È stato subito sottolineato come per anni ci si sia concentrati molto sull’osso, mentre adesso si ha anche una maggiore cura ed attenzione per i tessuti molli. Al giorno d’oggi, la conoscenza dei tessuti parodontali ci permette di fare molte considerazioni rispetto ai tessuti perimplantari, vedendo analogie e differenze. Infatti, sia sul dente che sull'impianto aderiscono fibre connettivali grazie agli emidesmosomi, ma queste fibre intorno all'impianto hanno un decorso differente e formano una specie di manicotto. Inoltre, nel dente è presente il legamento, mentre l’impianto è osteointegrato. È stato mostrato come sia importante la zona di transizione tra l’impianto e le sovrastrutture protesiche. Infatti, in questo caso, la differenza fondamentale tra un dente ed un impianto protesizzato è che la linea di finitura della corona è la linea amelocementizia; invece, nell'impianto la zona di transizione è più apicale. I fenomeni di riassorbimento, quindi, partiranno già da una zona di svantaggio rispetto al dente protesizzato. È stato poi spiegato come l’impianto vada posizionato in una zona corretta all’interno dell’osso dal punto di vista tridimensionale e come, in particolare, sia necessario averne un giusto spessore vestibolare. Se questo spessore di osso non dovesse essere presente sarà necessario andarlo a ricreare. Si è dimostrato come questo concetto valga anche per i tessuti molli: questi dovranno essere altrettanto adeguanti in spessore, ma dovrà essere anche presente sufficiente tessuto cheratinizzato aderente all'impianto stesso.
È stato mostrato anche come sia importante l’estetica degli impianti, motivo per cui non devono trasparire parti metalliche e si desiderano papille adeguate. A tale scopo si potranno usare innesti connettivali o matrici sintetiche per ottenere gli spessori desiderati. Inoltre, è stato visto come il riempimento della papilla si relazioni al picco osseo e come sia variabile a seconda che si formi tra due denti, tra dente ed impianto, tra due impianti o tra impianto e pontic. Un altro fattore che influenzerà la papilla sarà la sua vascolarizzazione che, intorno agli impianti, manca del plesso legamentoso: per questo si dovranno mettere in atto delle strategie.
Nella seconda parte della serata sono stati illustrati diversi casi clinici in cui si è visto come il corretto posizionamento tridimensionale, gli spessori vestibolari ossei e di tessuti molli, insieme ai corretti follow up di igiene, siano la chiave del successo della riabilitazione implantare a lungo termine. (Laura Merlini)
È stato mostrato anche come sia importante l’estetica degli impianti, motivo per cui non devono trasparire parti metalliche e si desiderano papille adeguate. A tale scopo si potranno usare innesti connettivali o matrici sintetiche per ottenere gli spessori desiderati. Inoltre, è stato visto come il riempimento della papilla si relazioni al picco osseo e come sia variabile a seconda che si formi tra due denti, tra dente ed impianto, tra due impianti o tra impianto e pontic. Un altro fattore che influenzerà la papilla sarà la sua vascolarizzazione che, intorno agli impianti, manca del plesso legamentoso: per questo si dovranno mettere in atto delle strategie.
Nella seconda parte della serata sono stati illustrati diversi casi clinici in cui si è visto come il corretto posizionamento tridimensionale, gli spessori vestibolari ossei e di tessuti molli, insieme ai corretti follow up di igiene, siano la chiave del successo della riabilitazione implantare a lungo termine. (Laura Merlini)
Dott. Giuseppe Chiodera - Martedì 12 Aprile
Eccoci al nostro quarto appuntamento in compagnia della SIA! Questa serata ci ha fatti finalmente tornare nella sede in cui ci eravamo lasciati nel 2020: alla sala Quadrivium, in compagnia di tutti i soci e dell’immancabile focaccia. Il relatore che ci ha accompagnati in questo grande ritorno è stato il Dott. Giuseppe Chiodera, con la sua relazione “Restauri diretti: tecniche ed idee per il dentista concreto”.
Proprio in relazione alla concretezza di cui si voleva parlare, è stato spiegato come tutto debba partire dalla diagnosi, anche in conservativa. La diagnosi è quindi un punto centrale, il primo approccio, nonché strategia di comunicazione con il paziente. Infatti, quest’ultimo deve essere coinvolto e per questo è stata sottolineata l’importanza di mostrargli visivamente la condizione dei suoi denti. Gli strumenti che possono essere usati per la diagnosi e la comunicazione sono diversi: le radiografie, la luce per la transilluminazione, le foto ed anche il test elettrico. Grande rilievo, inoltre, è stato dato alle crack lines, incrinature che possono essere messe in evidenza con la luce e che hanno grande importanza sia diagnostica che prognostica. La transilluminazione è stata anche vista in qualità di tecnica decisionale per l’infiltrazione delle white spot. Infatti, è stato spiegato che queste possano essere trattate solo se la luce vi passa attraverso, indipendentemente dall’opacità che presentano ad occhio nudo. Invece, per quanto riguarda le foto, è stato visto come sia fondamentale riuscire ad utilizzare le luci e mostrarle al paziente con diversi effetti, tra cui uno che riesce a mettere a nudo il dente e ad evidenziare la presenza di carie.
Sempre nell’ottica della concretezza, sono state consigliate alcune piccole astuzie. Ad oggi, l’uso di un adesivo universale ci permette di ovviare ai problemi dei primi adesivi e di poter realizzare restauri diretti e cementare restauri indiretti. Inoltre, sono stati illustrati tutti gli altri materiali e gli strumenti che possono essere utilizzati. Per quanto concerne i compositi, in commercio troviamo, accanto ai tradizionali, anche i nuovi compositi bulk. Questi permettono di creare uno strato fino a 5 mm ed hanno una contrazione più delicata. È stato anche sottolineato come nella pratica quotidiana possa essere utile l’uso di un flow bulk, il quale ci consente di regolarizzare il fondo di cavità.
Inoltre, sono state spiegate quelle che il relatore definisce Essential lines. Il consiglio che ci è stato dato è quello di ridurre al minimo la modellazione, usando una tecnica monomassa e delle linee, ridurre gli strumenti per ridurre i tempi alla poltrona. Tutto questo viene fatto sia per dare un vantaggio al nostro paziente e a noi, in relazione ai costi.
Quindi, il tutto viene fatto nell’ottica di soddisfare sempre di più il paziente, rendendoci il lavoro più semplice. (Laura Merlini)
Proprio in relazione alla concretezza di cui si voleva parlare, è stato spiegato come tutto debba partire dalla diagnosi, anche in conservativa. La diagnosi è quindi un punto centrale, il primo approccio, nonché strategia di comunicazione con il paziente. Infatti, quest’ultimo deve essere coinvolto e per questo è stata sottolineata l’importanza di mostrargli visivamente la condizione dei suoi denti. Gli strumenti che possono essere usati per la diagnosi e la comunicazione sono diversi: le radiografie, la luce per la transilluminazione, le foto ed anche il test elettrico. Grande rilievo, inoltre, è stato dato alle crack lines, incrinature che possono essere messe in evidenza con la luce e che hanno grande importanza sia diagnostica che prognostica. La transilluminazione è stata anche vista in qualità di tecnica decisionale per l’infiltrazione delle white spot. Infatti, è stato spiegato che queste possano essere trattate solo se la luce vi passa attraverso, indipendentemente dall’opacità che presentano ad occhio nudo. Invece, per quanto riguarda le foto, è stato visto come sia fondamentale riuscire ad utilizzare le luci e mostrarle al paziente con diversi effetti, tra cui uno che riesce a mettere a nudo il dente e ad evidenziare la presenza di carie.
Sempre nell’ottica della concretezza, sono state consigliate alcune piccole astuzie. Ad oggi, l’uso di un adesivo universale ci permette di ovviare ai problemi dei primi adesivi e di poter realizzare restauri diretti e cementare restauri indiretti. Inoltre, sono stati illustrati tutti gli altri materiali e gli strumenti che possono essere utilizzati. Per quanto concerne i compositi, in commercio troviamo, accanto ai tradizionali, anche i nuovi compositi bulk. Questi permettono di creare uno strato fino a 5 mm ed hanno una contrazione più delicata. È stato anche sottolineato come nella pratica quotidiana possa essere utile l’uso di un flow bulk, il quale ci consente di regolarizzare il fondo di cavità.
Inoltre, sono state spiegate quelle che il relatore definisce Essential lines. Il consiglio che ci è stato dato è quello di ridurre al minimo la modellazione, usando una tecnica monomassa e delle linee, ridurre gli strumenti per ridurre i tempi alla poltrona. Tutto questo viene fatto sia per dare un vantaggio al nostro paziente e a noi, in relazione ai costi.
Quindi, il tutto viene fatto nell’ottica di soddisfare sempre di più il paziente, rendendoci il lavoro più semplice. (Laura Merlini)
Dott. Ignazio Loi - Sabato 19 Marzo - Congresso
Eccoci finalmente tornati in presenza in compagnia della SIA! E non avremmo potuto avere miglior modo per farlo se non in compagnia di un gradissimo relatore come il dott. Ignazio Loi, che ha saputo incuriosire, interessare e divertire tutta la nostra platea. Durante la giornata ci ha condotto in un viaggio attraverso il suo mondo, con la relazione “BOPT: la dominanza della forma. Cambio di paradigma nelle preparazioni protesiche”.
Dopo averci parlato della sua formazione post laurea, segnata dalla conoscenza di illustri personaggi come Martignoni e Gargiulo, ha presentato la sua tecnica BOPT che, come sappiamo, ha raggiunto un grande successo. Nella mattinata è stato illustrato il razionale che vi sta dietro, parlando di preparazioni e di parodonto. In particolare, si è visto un confronto sulla preparazione su linea e la preparazione BOPT, in cui questa linea non è presente. Innanzitutto, si è visto come, in riabilitazioni estese a più elementi dentali, sia più semplice la chiusura con l’uso della tecnica BOPT, in quanto non potremmo mai porre con un chamfer i margini allo stesso livello. Inoltre, grazie all’uso della tecnica del Dott. Loi, è stato dimostrato come elementi dentali possano essere tramutati in altri: un laterale in un centrale, un canino in un laterale, semplicemente con l’uso di una protesi corretta. Da questo è nato lo spunto per spiegare come erroneamente si pensi che il tipo di gengiva sia geneticamente predeterminato. Al contrario, è stato dimostrato come sia la forma sottostante che, dando sostegno alla gengiva, possa farne cambiare la morfologia. In relazione a ciò, sono state fatte diverse ed interessati considerazioni. Si è infatti visto che in vecchie protesizzazioni in cui erano presenti sovracontorni non si manifestava retrazione gengivale, ma, al più, solo infiammazione per ritenzione di placca. Inoltre, è stato anche rivisto il concetto di sovracontorno: infatti, per come viene preparato il dente nella tecnica BOPT, si dovrebbe usare più correttamente il termine di contorno, in quanto la protesi che viene usata va a ripristinare la corretta anatomia del dente, dando sostegno ai tessuti molli. In relazione a ciò, questo concetto è stato applicato anche in conservativa per la realizzazione di restauri in cavità di V classe. Infatti, se a livello cervicale viene conferita la corretta anatomia al dente, si darà la possibilità alla gengiva di ispessirsi dando il giusto sostegno. La mattinata si è conclusa con la presentazione di diversi casi clinici in cui si è spiegato l’utilizzo dei provvisori, la correzione di casi problematici ed anche la gestione di fratture con tecnica BOPT.
Nel pomeriggio sono state date informazione in merito agli aspetti odontotecnici rendendo interessante la relazione anche ai numerosi odontotecnici presenti in sala al fine di coordinare la clinica al laboratorio.
Si è parlato di chiusure sul modello e della precisione dell'impronta presa dal clinico al fine di riuscire a condizionare i tessuti attraverso l'anatomia data al manufatto protesico.
Sono stati presentati casi step by step con un follow-up fino a dieci anni a riprova della stabilità dei risultati estetici.
Infine sono stati dati importanti consigli in merito alla preparazione del moncone su impianti allegando foto di casi clinici, resi attraverso diversi accorgimenti, veri e propri successi sia per il clinico che per il paziente. (Laura Merlini)
Dopo averci parlato della sua formazione post laurea, segnata dalla conoscenza di illustri personaggi come Martignoni e Gargiulo, ha presentato la sua tecnica BOPT che, come sappiamo, ha raggiunto un grande successo. Nella mattinata è stato illustrato il razionale che vi sta dietro, parlando di preparazioni e di parodonto. In particolare, si è visto un confronto sulla preparazione su linea e la preparazione BOPT, in cui questa linea non è presente. Innanzitutto, si è visto come, in riabilitazioni estese a più elementi dentali, sia più semplice la chiusura con l’uso della tecnica BOPT, in quanto non potremmo mai porre con un chamfer i margini allo stesso livello. Inoltre, grazie all’uso della tecnica del Dott. Loi, è stato dimostrato come elementi dentali possano essere tramutati in altri: un laterale in un centrale, un canino in un laterale, semplicemente con l’uso di una protesi corretta. Da questo è nato lo spunto per spiegare come erroneamente si pensi che il tipo di gengiva sia geneticamente predeterminato. Al contrario, è stato dimostrato come sia la forma sottostante che, dando sostegno alla gengiva, possa farne cambiare la morfologia. In relazione a ciò, sono state fatte diverse ed interessati considerazioni. Si è infatti visto che in vecchie protesizzazioni in cui erano presenti sovracontorni non si manifestava retrazione gengivale, ma, al più, solo infiammazione per ritenzione di placca. Inoltre, è stato anche rivisto il concetto di sovracontorno: infatti, per come viene preparato il dente nella tecnica BOPT, si dovrebbe usare più correttamente il termine di contorno, in quanto la protesi che viene usata va a ripristinare la corretta anatomia del dente, dando sostegno ai tessuti molli. In relazione a ciò, questo concetto è stato applicato anche in conservativa per la realizzazione di restauri in cavità di V classe. Infatti, se a livello cervicale viene conferita la corretta anatomia al dente, si darà la possibilità alla gengiva di ispessirsi dando il giusto sostegno. La mattinata si è conclusa con la presentazione di diversi casi clinici in cui si è spiegato l’utilizzo dei provvisori, la correzione di casi problematici ed anche la gestione di fratture con tecnica BOPT.
Nel pomeriggio sono state date informazione in merito agli aspetti odontotecnici rendendo interessante la relazione anche ai numerosi odontotecnici presenti in sala al fine di coordinare la clinica al laboratorio.
Si è parlato di chiusure sul modello e della precisione dell'impronta presa dal clinico al fine di riuscire a condizionare i tessuti attraverso l'anatomia data al manufatto protesico.
Sono stati presentati casi step by step con un follow-up fino a dieci anni a riprova della stabilità dei risultati estetici.
Infine sono stati dati importanti consigli in merito alla preparazione del moncone su impianti allegando foto di casi clinici, resi attraverso diversi accorgimenti, veri e propri successi sia per il clinico che per il paziente. (Laura Merlini)
Dott. Giovanni Zucchelli - Martedì 22 Febbraio
Seconda serata dell’anno per la SIA in compagnia del prof. Zucchelli che, con la sua relazione “Il ruolo dei tessuti molli peri-implantari: tra biologia ed estetica”, ha riscosso grade successo tra i partecipanti.
Durante la serata sono state proposte diverse soluzioni per correggere, da un punto di vista estetico e funzionale, i siti peri-implantari. In particolare, durante la prima parte della serata sono stati presentati due casi riguardanti due impianti, entrambi mal posizionati e con una deiscenza vestibolare, trattati in maniera opposta. Nel primo caso, infatti, si è optato per la preservazione dell’impianto, nonostante la sua posizione non fosse adeguata, correggendolo con un moncone angolato (ideato dal prof. Monaco). Nel secondo caso, invece, si è preferita l’estrazione dell’impianto senza nessun intervento aggiuntivo, al fine di aspettare la guarigione dei tessuti molli e dell’osso. In entrambi i casi, però, è stato dimostrato come con la chirurgia plastica parodontale con tecnica bilaminare, in associazione ad innesti connettivali, si possano correggere i difetti causati dalle deiscenze e da altri eventuali difetti contigui.
Successivamente, è stata descritta l’importanza dei tessuti molli nel caso del posizionamento di un impianto post-estrattivo, sottolineando l'utilità di un innesto connettivale per andare ad ispessire i tessuti vestibolari, anche in corrispondenza delle papille, per compensare l’assenza dei picchi ossei e della radice naturale del dente. (Laura Merlini)
Durante la serata sono state proposte diverse soluzioni per correggere, da un punto di vista estetico e funzionale, i siti peri-implantari. In particolare, durante la prima parte della serata sono stati presentati due casi riguardanti due impianti, entrambi mal posizionati e con una deiscenza vestibolare, trattati in maniera opposta. Nel primo caso, infatti, si è optato per la preservazione dell’impianto, nonostante la sua posizione non fosse adeguata, correggendolo con un moncone angolato (ideato dal prof. Monaco). Nel secondo caso, invece, si è preferita l’estrazione dell’impianto senza nessun intervento aggiuntivo, al fine di aspettare la guarigione dei tessuti molli e dell’osso. In entrambi i casi, però, è stato dimostrato come con la chirurgia plastica parodontale con tecnica bilaminare, in associazione ad innesti connettivali, si possano correggere i difetti causati dalle deiscenze e da altri eventuali difetti contigui.
Successivamente, è stata descritta l’importanza dei tessuti molli nel caso del posizionamento di un impianto post-estrattivo, sottolineando l'utilità di un innesto connettivale per andare ad ispessire i tessuti vestibolari, anche in corrispondenza delle papille, per compensare l’assenza dei picchi ossei e della radice naturale del dente. (Laura Merlini)
Dott. Raffaele Cavalcanti - Martedì 25 Gennaio
Si ricomincia con un nuovo anno in compagnia della SIA e la prima serata è stata in compagnia del Dott. Cavalcanti con la sua relazione “Rigenerare: perché, cosa e quando?”, totalmente dedicata alla gestione dei tessuti perimplantari.
Dopo il posizionamento di un impianto ciò che desideriamo è di avere una stabilità dei tessuti non solo nell’immediato, ma anche a distanza di tempo. È stato quindi detto che, se ciò che vogliamo raggiungere sono la salute e il suo mantenimento nel tempo, sarà necessaria un’assenza di complicanze biologiche e meccaniche. Per raggiungere il nostro scopo, queste terapie di rigenerazione devono essere eseguite in funzione del disegno protesico che consenta una facilità di igiene e che si adatti al paziente.
È stato poi spiegato come la rigenerazione ossea laterale si esegua al fine di un posizionamento protesicamente guidato, anche in relazione alla connessione dell’impianto, avvitata o cementata. Infatti, è stato illustrato come, se crediamo che il posizionamento dell’impianto debba essere corretto tridimensionalmente, nel 60% dei casi sia necessario ricorrere a tecniche di GBR con o senza rialzo del pavimento del seno mascellare. In seguito, è stato mostrato uno studio retrospettivo multicentrico sul follow up di impianti a circa 10 anni con innesti ossei e, in un terzo dei casi, con innesto di connettivo.
Ma, ciò che è più importante, è che nei siti in cui era stato posizionato connettivo le recessioni erano meno presenti. Questo ha quindi molta importanza nei settori estetici.
Sono infine state viste le diverse tecniche di rigenerazione in relazione al timing di posizionamento degli impianti. Si è fatta una distinzione tra posizionamento post estrattivo (tipo I), precoce (tipo II e III) e tardivo (tipo IV). Il consiglio è quello di evitare il posizionamento tardivo e di prediligere o il post estrattivo o il posizionamento precoce, attendendo solo la guarigione dei tessuti molli.
Il tutto è stato corredato da numerosi casi clinici e domande dei partecipanti che hanno dimostrato un grade interesse per il tema. (Laura Merlini)
Dopo il posizionamento di un impianto ciò che desideriamo è di avere una stabilità dei tessuti non solo nell’immediato, ma anche a distanza di tempo. È stato quindi detto che, se ciò che vogliamo raggiungere sono la salute e il suo mantenimento nel tempo, sarà necessaria un’assenza di complicanze biologiche e meccaniche. Per raggiungere il nostro scopo, queste terapie di rigenerazione devono essere eseguite in funzione del disegno protesico che consenta una facilità di igiene e che si adatti al paziente.
È stato poi spiegato come la rigenerazione ossea laterale si esegua al fine di un posizionamento protesicamente guidato, anche in relazione alla connessione dell’impianto, avvitata o cementata. Infatti, è stato illustrato come, se crediamo che il posizionamento dell’impianto debba essere corretto tridimensionalmente, nel 60% dei casi sia necessario ricorrere a tecniche di GBR con o senza rialzo del pavimento del seno mascellare. In seguito, è stato mostrato uno studio retrospettivo multicentrico sul follow up di impianti a circa 10 anni con innesti ossei e, in un terzo dei casi, con innesto di connettivo.
Ma, ciò che è più importante, è che nei siti in cui era stato posizionato connettivo le recessioni erano meno presenti. Questo ha quindi molta importanza nei settori estetici.
Sono infine state viste le diverse tecniche di rigenerazione in relazione al timing di posizionamento degli impianti. Si è fatta una distinzione tra posizionamento post estrattivo (tipo I), precoce (tipo II e III) e tardivo (tipo IV). Il consiglio è quello di evitare il posizionamento tardivo e di prediligere o il post estrattivo o il posizionamento precoce, attendendo solo la guarigione dei tessuti molli.
Il tutto è stato corredato da numerosi casi clinici e domande dei partecipanti che hanno dimostrato un grade interesse per il tema. (Laura Merlini)